Francesco Di Giovanni
Mondi Migliori, MLB Home Gallery (FE)
Da Guarene all’Etna 2019. Boiling Projects, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (CN)
Catalogue Ed. Skira, 2019 (ISBN 978-88-572-4222-4)
http://www.francescodigiovanni.com/the-flag-relocation/
There's something infamous in every change...
and pleasant together,
something about infidelity
and moving
(Charles Baudelaire)
The Flag Relocation is the last chapter of Francesco Di Giovanni's artistic research based on the theme of relocation. Thanks to the metaphor of relocation, extended over the years to different areas and contexts, the artist becomes the spokesman of a philosophy of migration argued visually through the production of heterogeneous media such as: performance, photography, video and installations.
The 'fragile' ribbon, with which a young Ethiopian woman packs the European flag, is used here to hold together and protect the elements that make up a community sometimes undermined in its unity and stability. The only star that remains visible represents the anchor of salvation to which little Sami has clung to, to begin a new life.
Article 13 of the Universal Declaration of Human Rights reads: "Everyone has the right to freedom of movement and residence within the boundaries of each State. Everyone has the right to leave any country, including his own, and to return to his own country. Everyone therefore has the right to 'relocate' and, according to Article 6 of the DDU, he also has the right to the recognition of his legal personality in every place.[1]
The figure of the migrant is inscribed within the new and multiform planetary identity of the global network as a 'cultural subject' and as a 'social form', which is determined in the relational context with the community in which he or she finds a new home. Attitudes of acceptance or rejection and expulsion can develop towards the migrant[2].
Western culture is used to define the Ego through the Non-Ego, to think of the foreigner as the one who is not 'at home', who is not 'one of us', in a process of comparative, differential, oppositional self-understanding that destabilizes its own identity. Nothing, or almost nothing, is said about what the stranger is in himself, 'at home'.
The Flag Relocation subverts this perspective by proposing to the public the point of view of the young migrant, Sami's vision of Europe. The Freudian couple Heimlich(at home - comfortable) - Unheimlich(not at home - disturbing) is also overturned[3].
Francesco Di Giovanni - through his work - proposes, moreover, the overcoming of the binary us-them opposition, which leads to see the immigrant as someone who does not fit into his own identity circle and his own sphere of belonging, and who - as such - represents a threat. His language is inclusive and tends to break down the barriers of otherness and extraneousness in favour of a concept of human plurality.
Kant - in his writing For Perpetual Peace- affirms the right of common ownership of the earth's surface, on which, as spherical, men cannot lose themselves infinitely, having to endure in the end to be next to each other'; he adds, moreover, that 'originally no one has more right than another to inhabit a place on Earth'. A disarming and powerful statement in its simplicity, on which it is necessary to reflect[4].
[1]Article 6 of the Universal Declaration of Human Rights: Everyone has the right, in every place, to the recognition of his or her legal personality.
[2]P. Ricœur, Ermeneutica delle migrazioni. Saggi, discorsi, contributi, a cura di R. Boccali, Milano, Mimesis Edizioni, 2013.
[3]S. Freud, Il perturbante, tr. it. di S. Daniele, in Opere Complete, vol. IX, Torino, Bollati Boringhieri, 1977.
[4]I.Kant, Per la pace perpetua, tr. it. di R. Bordiga, Milano, Feltrinelli, 2012.
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V’è in ogni cambiamento qualcosa d’infame
e di gradevole insieme,
qualcosa che ha dell’infedeltà
e del trasloco
(Charles Baudelaire)
The Flag Relocation è l’ultimo capitolo della ricerca artistica di Francesco Di Giovanni fondata sul tema della ricollocazione. Grazie alla metafora del trasloco, estesa negli anni ad ambiti e a contesti differenti, l’artista si fa portavoce di una filosofia della migrazione argomentata visivamente mediante la produzione di media eterogenei quali: performance, fotografia, video e installazioni.
Il nastro ‘fragile’, con cui una giovane etiope imballa la bandiera europea, è qui impiegato per tenere assieme e per proteggere gli elementi che costituiscono una comunità talvolta minata nella propria unità e stabilità. L’unica stella che rimane visibile rappresenta l’àncora di salvezza a cui la piccola Sami si è aggrappata per cominciare una nuova vita.
L’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”. Ogni individuo ha quindi il diritto di ‘ricollocarsi’ e, in base all’articolo 6 della DDU, ha anche il diritto al riconoscimento della propria personalità giuridica in ogni luogo.[1]
La figura del migrante s’inscrive all’interno della nuova e poliforma identità planetaria della rete globale come ‘soggetto culturale’ e come ‘forma sociale’, che si determina nel contesto relazionale con la comunità in cui trova nuova dimora. Nei suoi confronti possono svilupparsi atteggiamenti di accoglienza oppure di rifiuto e di espulsione.[2]
La cultura occidentale è abituata a definire l’Io tramite il Non Io, a pensare allo straniero come a colui che non è ‘di casa nostra’, che non è ‘uno di noi’, in un processo di autocomprensione comparativo, differenziale, oppositivo che destabilizza la propria identità. Nulla, o quasi, viene detto riguardo a ciò che è lo straniero di per sé, ‘a casa sua’.
The Flag Relocation sovverte questa prospettiva proponendo al pubblico il punto di vista della giovane migrante, la visione di Sami dell’Europa. Anche la coppia freudiana Heimlich (a casa propria – confortevole) – Unheimlich (non a casa propria – perturbante) viene ribaltata.[3]
Francesco Di Giovanni –attraverso la sua opera – propone, inoltre, il superamento dell’opposizione binaria noi-loro, che porta a vedere l’immigrato come qualcuno che non rientra nel proprio cerchio identitario e nella propria sfera di appartenenza, e che – in quanto tale – rappresenta una minaccia. Il suo linguaggio è inclusivo e tende ad abbattere le barriere dell’alterità e dell’estraneità in favore di un concetto di pluralità umana.
Kant – nel suo scritto Per la pace perpetua – afferma il diritto della proprietà comune della superficie terrestre, sulla quale, in quanto sferica, gli uomini non possono perdersi all’infinito, dovendo sopportare alla fine di stare l’uno affianco dell’altro’; aggiunge, inoltre, che “originariamente nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della Terra”. Un enunciato disarmante e potente nella sua semplicità, su cui è necessario riflettere.[4]
[1]Articolo 6 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
[2]P. Ricœur, Ermeneutica delle migrazioni. Saggi, discorsi, contributi, a cura di R. Boccali, Milano, Mimesis Edizioni, 2013.
[3]S. Freud, Il perturbante, tr. it. di S. Daniele, in Opere Complete, vol. IX, Torino, Bollati Boringhieri, 1977.
[4]I.Kant, Per la pace perpetua, tr. it. di R. Bordiga, Milano, Feltrinelli, 2012.