La mappa - come le piante e le carte, rispetto alle quali differisce per la scala utilizzata - viene comunemente definita come una rappresentazione in piano, ridotta, approssimata e simbolica delle caratteristiche della superficie terrestre o di una parte di essa.
La mappa, in senso cartografico, è interpretata come la volontà di ordinare lo spazio in cui l’individuo vive e si muove al fine di ‘appropriarsene’, ma essa è molto di più: è un documento storico ed un’espressione identitaria, in quanto testimone delle conoscenze, dei codici e della cultura del tempo in cui è stata realizzata; è uno strumento educativo, poiché semplifica la comprensione e, dunque, l’apprendimento; è un mezzo di comunicazione, per la sua funzione pubblicitaria, ed è per questo impiegato anche per fini propagandistici e per proselitismo, tanto che Quintiliano definì la topographÍa come figura retorica della persuasione; in ultimo, ma di pari importanza, è un prodotto artistico, un oggetto decorativo.
La mappa, inoltre, come un microcosmo composito e multiforme, è sia oggetto semantico che risponde a necessità pratiche - come la registrazione e la trasmissione di informazioni su fenomeni fisici e sociali distribuiti su una porzione di territorio - che oggetto sensibile, risultato dell’interpretazione soggettiva del cartografo. La mappa è, perciò, ambivalente: esatta e imprecisa allo stesso tempo, frutto di processi materiali (astrazione e misura) e mentali (imitazione, percezione, suggestione e rielaborazione), di una visione sia verticale (paesaggio geometrico) che orizzontale (paesaggio artistico). Significato e sentimento sono, quindi, gli estremi dell’asse immaginario sul quale possiamo collocare tutta la produzione cartografica dagli esordi ad oggi, intesa come apparato iconico, sistema semiotico complesso ed articolato, insieme di simboli da leggere ed interpretare tramite un procedimento ermeneutico, ma anche come un apparato illustrativo nel quale si traspongono aspettative, sogni e illusioni.
La mappa può essere altresì definita come un testo polistrutturale, una narrazione che si articola attraverso elementi geometrici, numeri, colori e parole. Nelle mappe, ad eccezione di rari casi come la serie antropomorfa di Opicino de Canistris, l’uomo non è raffigurato ma ne è il presupposto, ne è l’artefice ed il fine: le mappe sono realizzate dall’uomo per l’uomo. La mappa può essere letta, infatti, anche come il presupposto all’incontro: non crea luoghi ma li organizza e li rende accessibili.
Concludendo, la mappa, come ogni altro tipo di immagine, è una costante antropologica, una forma di narrazione di dinamiche sociali e di cambiamenti estetici. Risultato di una geografia umana, relazionale ed emozionale, essa offre del territorio una visione condivisa e dello spazio una dimensione che può essere concettuale, ovvero progettata e computata, soggettiva, in quanto frutto della percezione, e infine vissuta e condivisa.
BIBLIO
Stefania Cerutti, Cartografia semantica e sensibile: spazi e progetti tra significati e sentimenti, Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia DOI: 10.13133/1125-5218.16775 XXXII, 1, 2020, ISSN 1125-5218
Claudia D’Angelo, MIND THE GAP. CARTOGRAFIE URBANE DI LUOGHI DIMENTICATI, INTRECCI d’arte n. 3 1 2014 Luisa Rossi, La rappresentazione cartografica del paesaggio fra arte e geometria, Études de lettres [Online], 1-2 | 2013