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La fragilità della memoria (2022) - ita

Quando qualcuno muore, è quella che io ho chiamato la piccola memoria che sparisce veramente.

La grande storia è nei libri, ma la piccola storia è molto fragile.[Christian Boltanski][1]


 Quando la memoria di una serie di avvenimenti o contenuti non ha più per supporto la comunità che vi fu coinvolta o che ne fu testimone diretta o indiretta, quando questa memoria si disperde nel tempo e nello spazio, allora il solo mezzo per salvarla è di fissarla per iscritto. In tali termini il filosofo e sociologo francese Maurice Halbwachs[2] distingueva la memoria collettiva - che conserva ciò che del passato è ancora vivo o capace di continuare a vivere nella coscienza del gruppo - dalla storia, che comincia nel momento in cui la memoria sociale si estingue e la tradizione finisce. 

Rapsodikòs[3], progetto espositivo di Mara Di Giammatteo, nasce proprio dalla necessità di sottrarre al pericolo dell’oblio la parlata pretarola così come le poesie di Ginevra Bartolomei[4], elementi identitari di una comunità, quella di Pietracamela (TE), che sta vivendo da decenni un processo di spopolamento. Mediante una scrittura che è tessuta e cucita, e che - in quanto tale - recupera il valore di una tradizione artigianale oltre che linguistica, attraverso quei gesti ancestrali che intrecciano la trama all’ordito, il concetto trova sulla tela un suo corrispettivo segnico. Il valore storico, antropologico e identitario riconosciuto alla lingua e alla parola, così come l’osmosi continua che esse implicano tra le dimensioni collettiva e individuale, risultano chiare dalla definizione che ne offre il linguista francese Ferdinand de Saussure[5]: la lingua - in quanto sistema convenzionale di segni condivisi da una comunità - rappresenta l’aspetto sociale del linguaggio, mentre la parola ne costituisce l’aspetto individuale, ciò che fa riferimento all’utilizzo da parte dei singoli. 

Dalle Avanguardie all’Arte Contemporanea, passando attraverso la poesia visiva e l’arte concettuale la parola, quando non la singola lettera, ha rappresentato - con modalità e valenze differenti - l’unità espressiva fondamentale per un nutrito numero di artisti tra i quali Vincenzo Agnetti, Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Joseph Kosuth e Piero Manzoni, giusto per citarne alcuni. Allo stesso modo la ricerca di Mara Di Giammatteo si concentra sul ricamo o sulla tessitura della parola con un’intenzione che accomuna la sua pratica al concetto di homo capax– coniato dal filosofo Paul Ricœur[6] - ovvero di quell’uomo capace, tra le altre cose, di fare memoria, ovvero di costruire narrativamente la propria identità personale e collettiva. L’interpretazione del proprio passato si rivela, così facendo, una riserva di senso inesauribile e necessaria per la costruzione di un futuro significativo. 

I telai di Mara Di Giammatteo colgono, per dirla con lo storico Philippe Ariès[7], quel mondo della vita quotidiana che è stato sommerso dalla storia con la S maiuscola e il pubblico, riconoscendosi in questi ‘oggetti di memoria’ ne tramanda il ricordo. È dunque nel riconoscimento dell’immagine che si osserva, di ciò che essa rappresenta, del suo valore, che avviene il passaggio di testimone, il perpetuarsi della memoria. Particolarmente esemplificativa, in tal senso è l’installazione a parete Rapsodi costituita da arazzi di piccolo formato custoditi all’interno di cornici di legno, cornici come reliquiari che preservano le parole pretarole dall’usura e dalla dimenticanza. Ognuno di questi vocaboli - scritti con un ordito in filo di lino ed una trama di lana - è tratto da ‘Poesia su me stessa quando ero giovane adesso vecchia’ di Ginevra Bartolomei. Di questi versi, così come dell’opera di Mara Di Giammatteo, colpisce la semplicità della composizione; una poesia sul confronto tra vecchiaia e gioventù, dalla quale l’artista estrapola e conserva termini a lei cari come: zalla, ronna, geavna, viacchia, <dagna, breaghitta leaghibra, streaghppia (piccola, grande, giovane, vecchia bella, brutta, sana, storpia) che testimoniano quella saggezza popolare che consente di racchiudere tutto il caleidoscopio umano in poche righe. 

In Degna la lingua diventa un’occasione di gioco, la parola un tesoro da scoprire. Il pubblico viene invitato a rintracciare il titolo dell’opera tra le lettere ricamate sulla canapa. Il ‘trova la parola’ esce dalla pagina piatta del cruciverba per divenire possibile esperienza tattile e partecipata. 

Arte, quindi, come conservazione e recupero delle tradizioni linguistiche, artigianali ma anche del costume. L’installazione Volte del cielo si compone, infatti, di una serie di quei fazzoletti da testa che le donne appartenenti a generazioni passate usavano indossare. In tale opera le parole ricamate con fili fluorescenti campeggiano sulle sete antiche: il presente si inscrive così sul passato.

Infine, con S’incomincia il filo non è più solo quello della tessitura, ma diviene anche quello del tempo che lega in un continuum le tradizioni del passato (l’omonimo canto di Ginevra Bartolomei), la tecnologia del presente (il QR code che risulta dall’ordito di cotone e dalla trama di lana) per una fruizione che possa essere anche futura (il video caricato su YouTube a cui rimanda il codice di cui sopra). 

Rapsodikòs è dunque un omaggio che Mara Di Giammatteo – attraverso un ciclo di opere inedite, concepite appositamente per Palazzo Dionisi (Pitracamela – TE) - rende alla propria Terra di origine, a quei luoghi, a quelle persone, a quella lingua, a quelle tradizioni e a quei costumi nei quali affonda le radici e che le consentono un ancoraggio saldo per proiettarsi sicura verso il domani; d’altronde, come scriveva Carlo Levi, ‘il futuro ha un cuore antico’.[8]


[1]Danilo Eccher, Christian Boltanski, Charta, Bologna 1997 in Vale Palmi, 'L’Aldilà è un Angolo stretto. Oltre la Morte nell’arte contemporanea', Pendragon, Bologna 2022, p.107

[2]Maurice Halbwachs, La memoria collettiva, tr. di P. Jedlowski e T. Grande, Unicopli, Milano 2001

[3]Rapsòdico: dei rapsodi, attinente la rapsòdia, ovvero la composizione recitata o cantata costituita di frammenti, non continua. Rapsòdo: dal gr. ῥαψῳδός, comp. di ῥάπτω «cucire, saldare» e ᾠδή «canto». Definizioni tratte dal Vocabolario online Treccani

[4]Ginevra Bartolomei (1909-2007) testimone e cronista attraverso i suoi versi della comunità di Pietracamela

[5]Ferdinand De Saussure, Corso di Linguistica generale, Laterza, Bari 2009

[6]Paul Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Cortina Raffaello, Milano 2003

[7]Patrick H. Hutton, History as an Art of Memory, University Press of New England 1993

[8]Carlo Levi, Il futuro ha un cuore antico. Viaggio nell’Unione Sovietica, Einaudi, Torino 1976

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