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Bellezza convulsa (2020) - Ita

Il percorso artistico di Laura Fortin parte da un astratto materico, per svilupparsi in segno e approdare, infine, al figurativo. Al centro delle sue opere l’indagine del sentire umano, un sentire che risulta schiacciante e prepotente, un sentire che - spogliato della sua prima pelle - si mostra al pubblico nella sua grottesca nudità. I personaggi delineati, pur conservando la loro matrice autobiografica, denunciano una condizione di patimento condivisa: il genere umano non può sottrarsi al patire dal momento che è un essere mortale e, in quanto tale, finito; finito e scisso, distaccato rispetto a ciò che lo circonda. Il tempo contemporaneo è il tempo della solitudine per eccellenza: nei suoi lavori la Fortin sembra gridare ‘siamo individui soli, in vetrina, esposti come bersagli a un plotone di nemici’. Da qui la scelta di ritrarre i propri soggetti inchiodati su un palcoscenico davanti a scenografie scarne, laddove non totalmente nere. Ambientazioni da cui trasuda in maniera incombente un sentimento di angoscia. Il dramma è ulteriormente enfatizzato dalla scelta delle cromie: pochi toni accesi. Si delinea così una dimensione onirica, frutto - però - di una ruminazione mentale cosciente. La Fortin studia, seziona e scava nel profondo i suoi personaggi, spingendo la sua esplorazione ai limiti dell’assurdo, interagendo con essi e insinuandosi in quel territorio di confine che separa la predeterminazione dall’autodeterminazione, da quella volontà individuale che può essere a un tempo scudo e fardello.

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